Venerdì 13 aprile, alla Feltrinelli della Stazione Centrale, a Milano, è stato presentato il progetto Tessitori di Sogni (maggiori info QUI), un'importante rete di ricerca editoriale che si occupa di creare, scovare, tessere storie per ragazzi.
Il sottoscritto ha avuto l'onore di essere uno dei primi Tessitori scovati dall'agenzia Atlantyca Dreamfarm grazie al Workshow di Lucca di tre anni fa, e ha avuto l'onore (bis) di essere presente in un libretto contenente 10 brevissimi racconti (di Mario Pasqualotto, Elena Peduzzi, Davide Morosinotto, Alessandro Gatti, Annamaria Piccione, Carolina Capria & Mariella Martucci, Luca Blengino, Giuseppe Festa e Pierdomenico Baccalario) e regalato ai convenuti, per festeggiare assieme la Giornata Mondiale del Libro (che si terrà il 23 aprile).
Il librino, lo vedete qua sopra, si chiama Dieci Piccole Trame.
Questo qua sotto,invece, è il mio raccontino. Si chiama
STORIA DI MARTINO E DEL SUO CALAMARO.
Martino
viveva nella città del mare pulito e voleva un calamaro.
Da
quando suo nonno gli aveva regalato Ventimila
leghe sotto i mari, avere
un calamaro era diventato il suo sogno più grande. Era fermamente
convinto che avrebbe
potuto difenderlo dai cattivi e dalle maestre di aritmetica, a furia
di tentacolate e spruzzi di inchiostro.
— Ma
un calamaro non è un gatto o un cane, non si può addomesticare —
disse nonno Giustino.
— E
perché no? — ribatté Martino.
Il
nonno non seppe formulare una risposta convincente, e andò in cucina
a farsi una frittata di cipolle.
Il
giorno del quattordicesimo compleanno di Martino, il nonno arrivò a
casa con una cassetta di polistirolo, il materiale candido intriso di
inchiostro nero. Dentro c'era Vonnegut.
— E
chi è Vonnegut? — chiese Martino.
— Come
chi è? È il tuo nuovo amico. — rispose il nonno.
Martino
guardò nella scatola. In un angolo, pulsante come un cuore bianco,
lucido e viscido e sporco, un calamaretto lo guardava con quegli
occhi, così duri da masticare, spalancati e circospetti. Martino
prese quella massa gelatinosa e la accarezzò dolcemente. Vonnegut
gli attorcigliò un tentacolo al dito, e Martino sorrise.
— Piacere
di conoscerti, Vonnegut — disse, mentre il nonno allestiva un
piccolo acquario destinato a diventare la casetta del mollusco.
Vonnegut
crebbe forte e coraggioso, reduce dalla guerra del fritto misto,
nemico giurato di pastella e piselli in umido. Ogni giorno Martino lo
portava in spiaggia per la passeggiatina.
— Guarda
quello là, al guinzaglio c'ha una seppia! — dicevano gli altri
ragazzi, malvagi adolescenti.
— È
un calamaro, ignoranti — rispondeva Martino, prima di venir pestato
dai suddetti teppistazzi in miniatura.
Un
giorno sì e l'altro pure, vestito di lividi ed ecchimosi, il giovane
Martino somigliava sempre più al suo amico Vonnegut, raro caso del
padrone che prende le fattezze dell'animale. Vonnegut, dal canto suo,
cercava di difenderlo, inchiostrando a destra e a manca, ma al
massimo riusciva a rovinare un po' di jeans e qualche sneaker. Ben
presto fu chiaro a tutti che non sarebbe cresciuto tanto da ghermire
il Nautilus.
Martino
continuò a essere preso in giro. A scuola, all'oratorio, a judo e in
piscina, tutti sapevano che il suo migliore amico era un calamaro. E
risatine, e derisioni, e sfottò a profusione.
Ma
a lui non importava. Sorrideva, e passava oltre a schiena dritta.
Aveva realizzato il suo sogno, e tanto gli bastava. Voleva bene a
Vonnegut, e Vonnegut voleva bene a lui anche se, poveretto, si
sentiva terribilmente in colpa. Passava intere notti insonni,
nell'acquario, ad angosciarsi per l'amico, a studiare nuovi metodi
per poterlo difendere, pianificare innovative strategie anti-bullo.
Ma
senza risultato. Sapeva bene che la sua stessa presenza era benzina
per le beffe dei prepotenti.
Un
giorno, durante la passeggiatina, Vonnegut prese la sua decisione.
L'unica che poteva salvare Martino da una vita di dileggio.
Salutò
il suo migliore amico, si sfilò dal guinzaglio e si fiondò, veloce
e sussultante, verso il mare pulito. Martino lo rincorse, per
riprenderlo si tuffò tra i flutti, vestito di tutto punto, ma
Vonnegut sparì all'orizzonte con due colpi di tentacolo, gli occhi
duri da masticare pieni di lacrime.
Martino
non lo vide più e per mesi pianse e si disperò per la perdita del
suo migliore amico.
Poi,
un giorno, il nonno gli regalò Jurassic
Park.